Emergenza revisione prezzi negli appalti pubblici: la novità dell’art. 29 D.L. n. 4 del 27/01/2022

In queste settimane lo Studio Legale Sforza sta ricevendo molte richieste relative alla possibile revisione prezzi per il notevole aumento dei materiali e della manodopera negli appalti pubblici e privati.
Come noto, mentre il cd. vecchio Codice Appalti, D.Lgs. n. 163/2006 prevedeva all’art. 115 che “Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo”, il vigente ed attuale Codice Appalti, D.Lgs. n. 50/2016, ha previsto all’art. 106 che tali modifiche degli importi siano possibili solo ove siano “state previste nei documenti di gara iniziale in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi”, configurando poi nei successivi commi ulteriori ipotesi di aggiornamenti in presenza di situazioni imprevedibili, con specifici limiti e criteri.
A tale disciplina si va ad aggiungere l’art. 1664 c.c., applicabile anche agli appalti privati e disciplinante l’ “Onerosità e difficoltà di esecuzione”, il quale prevede al primo comma che qualora “per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della manodopera tali da determinare un aumento o una diminuzione superiore al decimo del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo […] solo per quella differenza che eccede il decimo”.
Recentemente, dato atto dell’importante aumento dei prezzi realizzatosi in un breve periodo (ultimo anno ed in particolare ultimi sei mesi), il Legislatore è intervenuto per evitare che vengano stipulati contratti destinati a trovare applicazione solo con il sacrificio dell’operatore economico e/o con un non pedissequo rispetto delle migliorie ed offerta tecnica di gara.
Per questo è stato emanato il D.L. n. 4 del 27/01/2022, il quale ha previsto all’ art. 29 “Disposizioni urgenti in materia di contratti pubblici”, stabilendo al comma 1 che “1. Fino al 31 dicembre 2023, al fine di incentivare gli investimenti pubblici, nonché al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale derivante dalla diffusione del virus COVID-19, in relazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, i cui bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi, qualora l’invio degli inviti a presentare le offerte sia effettuato successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, si applicano le seguenti disposizioni: a) è obbligatorio l’inserimento, nei documenti di gara iniziali, delle clausole di revisione dei prezzi previste dall’articolo 106, comma 1, lettera a), primo periodo, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fermo restando quanto previsto dal secondo e dal terzo periodo del medesimo comma 1; b) per i contratti relativi ai lavori, in deroga all’articolo 106, comma 1, lettera a), quarto periodo, del decreto legislativo n. 50 del 2016, le variazioni di prezzo dei singoli materiali da costruzione, in aumento o in diminuzione, sono valutate dalla stazione appaltante soltanto se tali variazioni risultano superiori al cinque per cento rispetto al prezzo, rilevato nell’anno di presentazione dell’offerta, anche tenendo conto di quanto previsto dal decreto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili di cui al comma 2, secondo periodo. In tal caso si procede a compensazione, in aumento o in diminuzione, per la percentuale eccedente il cinque per cento e comunque in misura pari all’80 per cento di detta eccedenza, nel limite delle risorse di cui al comma 7″.
Quindi, fino alla fine del 2023, vi è ora l’obbligatorietà di inserimento delle relative clausole, come era in origine in base al cd. vecchio Codice Appalti.
Ciò è sufficiente a risolvere il problema? Indubbiamente no, per una serie di ragioni: 1) perché la nuova norma non si applica ai contratti in essere (per i quali potrà applicarsi solo il differente meccanismo ex art 1-septies D.L n. 73/2021) che quindi potrebbero oggi risultare non più convenienti a causa dell’importante aumento dei prezzi; 2) perché la previsione di per sé della clausola non si traduce in un automatismo di revisione, essendo necessaria apposita istanza (regolamentata dal quarto comma del menzionato art. 29) e conseguente procedimento.
Si segnala che entro 90 giorni dall’entrata in vigore del Decreto l’Istituto Nazionale di Statistica dovrà determinare la metodologia di rilevazione della variazione dei prezzi in conseguenza della quale il Ministero delle Infrastrutture entro il 31 marzo e 30 settembre di ciascun anno con decreto indicherà le variazioni percentuali dei prezzi dei materiali di costruzione relativi a ciascun semestre; l’istanza che l’appaltatore dovrà presentare soggiace, in base al quarto comma dell’art. 29, al termine decadenziale di 60 giorni dall’emissione dei decreti menzionati.
Alla luce della normativa menzionata (non potendo in questa sede citarla integralmente), qualora ci si trovi dinnanzi ad un contratto le cui condizioni siano mutate a causa dell’aumento dei prezzi e/o del costo della manodopera, sarà necessario analizzarlo specificamente per trovare la possibile soluzione concreta.

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